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Muse, in rivolta i lavoratori delle cooperative esternalizzati – Cronaca


TRENTO. Turni cambiati all’ultimo momento, nessun rispetto degli orari massimi e minimi, situazione lavorativa inaccettabile. Questi i motivi alla base della protesta che coinvolge i lavoratori esternalizzati che operano al Muse.


Lavoratori, cioè, che prestano la loro opera dentro le mura del museo, ma non sono dipendenti della struttura. Perché il mondo moderno è così: per tagliare sui costi, si esternalizza il servizio. Ma qualcuno il prezzo di quei tagli lo paga, e di solito sono i lavoratori, prigionieri di gare d’appalto che non li tutelano.


«Se non troveremo ascolto nei vertici del Museo e nelle cooperative che gestiscono gli appalti questo sarà solo il primo passo» annunciano Alberto Bellini e Gabriele Bianco, della Fp Cgil, annunciando lo stato d’agitazione. Il museo ha esternalizzato una serie di servizi ad alcune cooperative (Coopculture, Socioculturale e Csu). Una quarantina di lavoratori: educatori museali, pilots, mediatori scientifici o custodi.


«Al Muse, di fatto, hanno esternalizzato il malessere dei lavoratori, affidando in appalto servizi essenziali come le attività per il pubblico – osserva Bellini – Con le conseguenze disastrose che denunciamo da anni: turni di lavoro con poche ore di preavviso, part time involontario, ferie a sorpresa in busta paga, lavoratori con decine di ore negative e livelli retributivi inadeguati sono solo alcune delle azioni che abbiamo contrastato negli anni».


Nel mirino ci sono le cooperative, certo. Ma c’è soprattutto il Muse, perché il sindacato parte da un presupposto: se esternalizzi un servizio che poi offri tra le tue mura, non puoi non occuparti di come viene erogato.


Tanto più che il Muse rivendica, con un articolo su Muse Extra e sulla pagina Facebook del museo, tutte le attività che dimostrano come si preoccupi del benessere dei suoi lavoratori, dello stress che il lavoro al museo provoca, della preoccupazione verso la parità di genere ed il bilanciamento vita/lavoro dei lavoratori stessi.


«Tutti temi condivisibili – prosegue Bellini – se avessero coinvolto la totalità del personale operante all’interno del museo. Invece, ancora una volta il Muse ha dimenticato di considerare anche l’esperienza degli educatori museali esternalizzati. Lavoratori di cui conosce bene i problemi e per il superamento dei quali non ha mai adottato misure adeguate».


Il risultato, lamenta il sindacato, è un esodo: in 10 anni se ne sarebbero andati 150 educatori. «Io me ne sono andata 5 anni fa, poco dopo l’esternalizzazione – racconta infatti Giovanna Spagnolo dopo aver lavorato alcuni mesi in perdita (pagavo più la tata per il bambino di quanto guadagnassi)».


Per Fp Cgil, l’unica soluzione futura praticabile passa attraverso il superamento dell’attuale modello museale: meno esternalizzati e più lavoratori dentro il perimetro pubblico.

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