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Scaricati nel Leno i fanghi della diga di Vallarsa: tre responsabili a processo, ipotesi di reato di smaltimento illecito – Rovereto


ROVERETO. Sono accusati di inquinamento ambientale per aver illecitamente smaltito poco meno di 15mila metri cubi di materiale inerte che era nel bacino della diga del lago della Busa, in Vallarsa. Smaltimento illecito che si sarebbe realizzato facendo uscire il materiale inerte dagli scarichi di fondo e di esaurimento che si trovano nel bacino.

A processo (ieri la prima udienza con un rinvio a settembre) sono finiti il responsabile dell’impianto e due tecnici ed è stata chiamata in causa anche la titolare della concessione Maso Corona-Valbona, l’Agsm di Verona per l’illecito legato alla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche.

I fatti risalgono al 2019 e a far partire l’azione penale era stato un esposto presentato da Gloria Canestrini. Esposto che era stato preceduto da un’interrogazione in Consiglio comunale e da una (firmata da Filippo Degasperi) in consiglio provinciale. Tre atti che vertevano su un’unica questione: c’erano stati degli sversamenti nel Leno e il torrente aveva pagato care conseguenze. Conseguenze che avevano toccato anche i pesci, provocando una morìa della fauna ittica lungo tutto il corso, fino alla foce in Adige. Diversi quelli che erano morti, ma questo aspetto è stato definito in sede civile.

Ma torniamo al penale. L’esposto è stato il punto di partenza di una serie di accertamenti portati avanti dalla forestale e quindi all’udienza. I fatti contestati, ossia lo smaltimento illecito del limo, sarebbero avvenuti nella seconda metà di febbraio e fra la fine di marzo e l’inizio di aprile del 2019. Ossia pochi mesi dopo la tempesta Vaia, che ha devastato il Trentino e che aveva anche avuto conseguenze sul bacino della Busa. Dopo la tempesta, infatti, erano stati avviati dei lavori per intervenire sull’accumulo di limo che si era creato all’interno del bacino. Un lavoro non facile e lungo anche perché era necessario che il limo diventasse solido per poterlo togliere dalla base del bacino e quindi liberare spazio per l’accumulo dell’acqua e quindi evitare il traboccamento della stessa. E il limo da togliere era stato stimato in 8 mila metri cubi.

Un lavoro – complesso e molto costoso – che era stato iniziato con un via vai importante di camion che dalla Busa portavano altrove il materiale inerte. Ma poi sarebbe successo quello che è stato denunciato da Canestrini e Degasperi e quindi perseguito dalla procura. Nella primavera dopo Vaia ci sarebbe stato lo scarico del limo con conseguenze anche visibili ad occhio nudo sul Leno.

Di quello che è successo e di cosa è accaduto si discuterà quindi in aula a partire da settembre. Gli imputati si sono affidati per le loro difese agli avvocati Campanini, Delaini, del foro di Verona e Aste e Tomasi del foro di Rovereto.




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